Una della critiche più frequenti alla demarchia, forse la più frequente in assoluto, riguarda le competenze di chi prende le decisioni politiche. È naturale chiedersi se il cittadino medio è veramente adeguato a governare uno Stato, abituati come siamo a essere governati da politici di professione.
Essere adatto a governare significa essere in grado di effettuare le scelte giuste, promulgare le leggi e le misure che giovino al Paese e alla popolazione. L’organo demarchico potrà chiaramente appoggiarsi ad esperti, siano essi provenienti da lobby e da movimenti politici o consulenti scelti dai sorteggiati stessi, per esempio provenienti dal mondo accademico. È ragionevole pensare a un sistema in cui le leggi stesse siano scritte da tecnici esterni mentre i sorteggiati si limitino a decidere se passarle o meno, dopo aver ascoltato le varie voci a riguardo. Se nonostante l’aiuto di competenze esterne verranno prese decisioni dannose per la popolazione significa che
- i sorteggiati non si fidano degli esperti o non li ascoltano e fanno di testa propria, oppure
- i sorteggiati sono stati consigliati male dagli esperti, che magari non erano veramente tali o erano in malafede.
Analizzando questi scenari si scoprirà che una demarchia semmai è meno soggetta a queste possibili debolezze dei cittadini rispetto ad una democrazia elettiva.
Ricordo che i sorteggiati rispecchiano fedelmente i cittadini, per cui il sorteggiato è propenso a una debolezza solo quanto lo è l’elettore medio. Nella prima ipotesi, dunque supponendo che i sorteggiati non credono a quello che viene detto loro da chi è competente in materia, tanto meno sarà plausibile credere che l’elettore medio, che ha meno tempo e risorse per informarsi, sia allineato con le opinioni degli esperti. Se quindi in una democrazia elettiva i politici seguono il volere dei cittadini il problema si ripresenta allo stesso modo.
Qua si vede bene come la critica sia un’obiezione alla democrazia stessa, e affermare che il sistema attuale, sotto questo punto di vista, funzioni meglio di quanto non funzionerebbe una demarchia, equivale ad affermare che i politici attuali non seguano il volere del popolo e che questo porti a un governo migliore. In effetti credo che le odierne democrazie limitino il controllo che il popolo ha sulla politica, perché i cittadini sono poco informati e non hanno idea delle decisioni prese ai livelli alti, perché anche quando si “scandalizzano” di solito la memoria non dura. Anche volendo, gli elettori non hanno vero potere di influenzare le decisioni prese, trovandosi davanti a leggi elettorali che li mettono di fronte a una scelta molto limitata, costringendoli a supportare una delle poche opzioni permesse dal sistema. Quando non approvano le scelte di un rappresentante non possono fare molto. Si può veramente credere che questo sia positivo, che i politici usino questa situazione per fare il bene del popolo poco informato? Sono convinto che basti guardarsi intorno per capire che l’effetto è tutt’altro. Se i politici hanno la possibilità di approvare impunemente leggi impopolari, a passare saranno, nella grande maggioranza dei casi, misure di cui beneficiano solo loro, i loro amici e chi li finanzia. Credere che un sistema meno democratico porti a una dittatura illuminata che faccia il bene del Paese è illusorio.
Comunque la si guardi, se anche l’ignoranza e la mancanza di informazioni dei cittadini può rischiare di far prendere decisioni sbagliate ai cittadini sorteggiati, il danno sarà in ogni caso limitato rispetto a quello che può succedere in una democrazia elettiva. Elettori con le medesime incapacità di giudizio rischiano non solo di eleggere una classe dirigente incapace, ma anche una classe dirigente in malafede, con il rischio di rendere incolmabile il divario tra volontà popolare e classe politica. Il sorteggio, al contrario, mantiene il potere saldamente nelle mani del popolo, il quale potrà così correggere molto più facilmente ai propri errori.
Veniamo ora all’altra critica: i cittadini sorteggiati, mancando di competenze, in certe materie potrebbero essere troppo suscettibili all’opinione di esperti, i quali potrebbero non essere realmente tali o potrebbero avere alle spalle gruppi di potere con un’agenda politica. Se però è vero che questi “esperti” possono cercare di convincere i sorteggiati del falso, anche in una democrazia elettiva lobby ed esperti spesso cercano di convincere del falso i cittadini e di far eleggere rappresentanti in malafede, con più grande probabilità di successo perché l’elettore passivo ha poco tempo, pochi mezzi e poca motivazione per informarsi a dovere, e con maggiore danno perché una volta eletto il politico non risponderà più al cittadino fino alle successive elezioni.
Ricapitolando, se è vero che i cittadini sorteggiati non potranno essere competenti in ogni campo, da una parte si più ovviare al problema con l’aiuto di competenze esterne che consigliano l’organo demarchico, dall’altra è una debolezza intrinseca del sistema democratico e, a mio avviso, è irrealistico sperare che un sistema meno democratico possa portare a un governo più giusto.
Aggiumgerei, volendo limitare il ricorso ai tecnici solo in casi eccezionali, che i cittadini estratti (dalle liste elettorali) dovrebbero godere della libertà di rifiutare il mandato. In caso di accettazione, dovrebbero frequentare un corso di formazione (remunerato) almeno annuale (per es. presso la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione) con esame finale di idoneità a svolgere il mandato legislativo. Il programma formativo dovrebbe prevedere, per esempio, argomenti di diritto costituzionale, diritto civile, diritto penale, scienza delle finanze, statistica, microeconomia, macroeconomia, sociologia, pianificazione territoriale e ambientale, modelli matematici per la simulazione dello sviluppo sostenibile, metodi di analisi e valutazione di impatto della norma sulla collettività.
Gli argomenti della volontarietà e della formazione sono sicuramente punti importanti da discutere, e non credo sia semplice capire quale sia il modo migliore di affrontarli.
Accettare solo volontari e in generale aumentare la barriera a venir sorteggiati significa avere membri più motivati ma meno rappresentativi del volere popolare. Per cui ci sono ragioni per propendere verso entrambi gli estremi. Io personalmente sono per cercare di puntare su un’accettazione maggiore possibile, offrendo supporto sia economico che di altro tipo ai sorteggiati, per fare in modo che cittadini di qualsiasi strato sociale abbiano possibilità di venir sorteggiati senza che questo richiedi sacrifici troppo grossi.
La mia idea è che le persone devono veramente essere cittadini qualunque, altrimenti il rischio è di dividere i cittadini tra i rappresentati e i non.
Ovviamente questo significa che è difficile rendere tutti esperti nelle materie di cui tu parli. Io penso che ci vuole qualche tipo di formazione, ma non può essere troppo intensiva o troppi dei sorteggiati non ne trarranno molto. Inoltre molti degli argomenti di cui parli sono difficili e penso che la maggioranza delle persone anche studiando per anni solo uno degli argomenti che descrivi non sarebbero così competenti da non gioviare dalla consultazione con esperti esterni.
Io metterei 3 mesi di formazione antecedenti l’incarico, principalmente “meta”, cioè su come raccogliere imformazioni su vari argomenti, su come funzionano le argomentazioni, come scegliersi gli esperti e evitare di venir manipolati da essi, l’importanza di ascoltare e capire più punti di vista, quali sono i bias da cui stare all’erta, come è organizzato il processo decisionale dell’organo di cui faranno parte, come discutere le proposte in modo efficiente.
Il processo decisionale e di raccolta delle informazioni è complesso e ci sarebbero moltissime cose da dire, spero di scrivere presto qualcosa su queste pagine a proposito. Una cosa che si potrebbe fare per esempio è creare “comissioni” per singoli argomenti o proposte di leggi, estratti all’interno dell’organo di governo o volento anche tra i cittadini, con l’idea di stilare una proposta argomentata. Qualcosa come ciò che avviene già ora con le giurie cittadine.
L’ideale di un governo di esperti in tutto e allo stesso tempo con l’interesse dei cittadini a cuore è attraente, ma purtroppo io credo irrealistico. Per questo mi accontento di un’organo di cittadini con i mezzi per essere significativamente più informati di quanto lo sia ora l’elettore medio.
Ovviamente io penso a un universo di cittadini ormai tutti alfabetizzati. Gli argomenti formativi che ho proposto non dovrebbero dare una specializzazione ma solo una esauriente informazione, proprio allo scopo di poter seguire cum grano salis i ragionamenti dei tecnici, quando necessario. Infine, la libertà innanzi tutto: il cittadino dovrebbe essere libero di scegliere se partecipare o astenersi. L’impegno civico, azzerata la corruzione e la previsione di arricchimento (di parte), a volte e a seconda delle stagioni della vita di ciascuno, può risultare defatigante ed essere percepito come non sopportabile.
Io, da libertario, diffido di qualsiasi norma che preveda la coercizione di un cittadino a favore di un interesse generale, tranne quella che prevede l’obbligo di fermarsi con il semaforo rosso (o di non andare contromano). :-))
Mi trovi d’accordo sulla non coercizione, intendevo che bisogna cercare di limitare il numero di rifiuti rendendo il compito accessibile al cittadino medio. In questa ottica forse richiedere un anno di studio è tanto, ma è ovviamente una mia opinione personale, è difficile prevedere in pratica quale sarebbe l’effetto, sia sulle competenze dei cittadini che sul numero di rifiuti.
Un anno di preparazione per esercitare il mandato legislativo per tre anni (e non di più, per evitare il consolidamento di lobby), a me pare sia il minimo indispensabile per avere una sufficiente comprensione e padronanza dei complessi problemi economici e sociali da risolvere. Diciamo la verità, tre anni in parlamento, sono comunque una esperienza di vita straordinaria. L’aspirazione sarebbe comune e generale e, secondo me, le rinuncie sarebbero pochissime.
Comunque, si potrebbe fare un sondaggio sul tema, diffondendo sulla rete un breve questionario con solo due domande dicotomiche:
1) Sarebbe favorevole o contrario ad un Parlamento composto da un campione di mille persone (1), estratte dalle liste elettorali? (si) (no);
2) Se il suo nome fosse estratto per esercitare il mandato legislativo per tre anni in Parlamento, sarebbe disposto a seguire un corso (retribuito) annuale di formazione propedeutica con esame finale di idoneità? (si) (no).
p.s.
In via preliminare andrebbe chiarito che la politica, con i suoi apparati come oggi la conosciamo, non avrebbe più alcuna funzione di gestione della cosa pubblica, e che un uomo politico di professione, potrebbe continuare ad esercitare la funzione di opinion-maker.
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(1) Sarebbe il numero minimo per avere un campione stratificato significativo della popolazione italiana.
Si può discutere sulla lunghezza della formazione, così come sui contenuti e su come viene gestita, e sicuramente vale la pena di farlo. E se mai l’idea del sorteggio riuscisse a prendere forma, la cosa da fare serebbe provare vari approcci.
Temo però che non tutti i cittadini necessariamente condividono l’idea che sarebbe un'”esperienza straordinaria”, e tenere accettabili livelli di interesse e impegno per un’anno può, secondo me, per molti essere difficile.
L’esame di idoneità come lo immagina? Io tendenzialmente sono contrario, anche se nel caso sia molto blando e magari con un’assicurazione che almeno il 95% dei partecipanti lo passi, posso accettarlo. Negli stati uniti un tempo c’era un’esame di idoneità al voto. Principalmente per impedire il voto ai neri, che erano molto meno istruiti e meno integrati nella cultura americana.
Per la rappresentatività io penso che l’obbiettivo sia cercare di ottenere un’accettazione vicina al 100%, e personalmente punterei sul 90% dei sorteggiati, con il limite minimo assuluto dell’80%.
In questo caso la stratificazione non è fondamentale. Come dimostro nell’articolo in cui parlo della statistica che stà dietro al sorteggio, anche senza stratificazione (assumento un’accettazione del 100%) si ottiene una rappresentazione molto buona anche con molto meno di 1000 sorteggiati. Avere un numero di sorteggiati alto può rendere più difficile la collaborazione, non tutti i sorteggiati si conoscono (anche se ci si può chiedere è veramente necessario?), aumenta la probabilità che pochi carismatici siano gli unici ad avere la possibilità di farsi sentire. In generale penso che avere troppi sorteggiati non sia una caratteristica desiderabile, anche se dipende molto da come di preciso si suppone che questi lavorino.
La stratificazione può essere usata per migliorare ulteriormente la rappresentatività, in particolare può essere usato per correggere deviazioni dovuti ai rifiuti: se per esempio si nota che chi rifiuta l’incarico tipicamente è poco istruito si potrebbe stratificare per livello di istruzione. Inoltre si potrebbe stratificare per fattori fortemente correlati a opinioni politiche, un’idea sarebbe dare dei questionari obbligatori a tutti i cittadini e stratificare per risposte date su temi polici rilevanti.
Copio l’intervento che ho inserito in Facebook qui, anche se è ripetitivo sotto alcuni aspetti.
Comincio intanto con un’altra frase di Churchill: “The greatest argument against democracy is a five minute conversation with the average voter”. Proprio quell’elettore medio di cui hai scritto molto. Ora le argomentazioni più serie:
La mancanza di competenze specifiche in un eletto a sorte è una gravissima mancanza. Non si può giudicare una materia senza averne conoscenza, soprattutto se parliamo di governo di una nazione. Non basta qualche mese e leggere qualche libro.
La critica più semplice a questa affermazione è che i parlamentari votano su tutto. Escludendo la presenza delle commissioni, gli elementi che permettono ciò in democrazia e che non sono presenti nell’estrazione a sorte sono due:
1) Sono eletti in un partito politico secondo un’ideologia ed è questa a guidare il loro giudizio. Con l’estrazione a sorte il partito politico perde la propria valenza di selettore e di catalizzatore secondo determinate idee. Rimarrebbe solo il giudizio di una persona senza competenze e tremerei al pensiero che i miei nonni possano decidere sulla base del loro buon senso. Quando eleggono, non decidono, ma delegano a qualcuno sulla base dei risultati che reputano necessari. Non sono tenuti a sapere come raggiungerle e non è neanche necessario. Non credo che per chiamare un idraulico tu sia tenuto a sapere come funziona un rubinetto. Finirebbero quindi ad essere influenzati più facilmente addirittura, se in buona fede.
Aggiungerei che in Francia, per esempio, esistono scuole di preparazione alla politica che permettono quindi ai parlamentari di avere delle basi comuni da cui partire.
Inoltre, troppe persone che non hanno un’idea comune, quanto impegherebbero a trovare una soluzione maggioritaria? Come se alla crisi economica ci fosse un’unica risposta giusta e veritiera, per esempio. Non si può neanche delegare la scelta solo ai tecnici, perché senza avere le conoscenze non possono neanche giudicare materie come il bilancio di uno stato. Non si parla di caramelle.
2) Chi viene eletto in democrazia è responsabilizzato, lo ha scelto. Chi è eletto e non ha deciso di esserlo, ma lo è per caso, ha tutto il diritto di agire come gli pare. Chi ci dice in anticipo che non agirà per il suo tornaconto personale? Nessuno, tanto più che non è stato selezionato per questo. Il partito politico dovrebbe permettere una selezione positiva. Se non lo fa, deve essere migliorato, non eliminato.
Un sistema correttivo della democrazia che funziona bene invece è il “recalling” che viene usato in USA. Quando un parlamentare non agisce secondo il volere della contea che l’ha eletto, si raccolgono le firme e si vota per chiedere se sta rispettando il mandato. Altrimenti sarà il secondo arrivato a sostituirlo.
Un appunto metodologico. Mi lascia abbastanza perplessa l’immagine che si dà di “sistema”, “cittadino medio” o “politici”. Non sono realtà monolitiche, anzi quando una persona viene eletta prevale il suo proprio giudizio e molto meno una generica caratterizzazione. Tra l’alto, come vengono definite queste classi sociali senza uno studio sociologico? Mi sembra una costruzione fantasiosa.
Ed è anche opinabile che ciò a cui si mira è una rappresentazione del paese. Attraverso la democrazia bisogna cercare di proporre le idee migliori, non quelle più comuni o popolari. Pensare che gli elettori siano disinformati vuol dire cercare di creare i presupposti di un’informazione più libera e capillare, non deresponsabilizzarli in quanto incapaci a scegliere.
Tutti gli argomenti non mi sembrano ben fondati per la ragione che io ho letto il “Manifesto per la soppressione dei partiti politici” di Simone Weil e “La democrazia senza partiti” di Adriano Olivetti. Da queste letture ho avuto la conferma a quella che era una mia semplice intuizione. E credo che si possa chiamare “idemsentire”.
In un punto il commento mi pare in contraddizione con le altre argomentazioni, quando afferma “… che in Francia, per esempio, esistono scuole di preparazione alla politica che permettono quindi ai parlamentari di avere delle basi comuni da cui partire”. Infatti, io ho sempre pensato a cittadini, da estrarre a sorte, ormai alfabetizzati o in possesso almeno di un diploma di scuola media superiore, per poter seguire senza affanno i corsi biennali di preparazione all’esercizio del mandato parlamentare, da organizzare presso la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione (SSPA), con un esame finale di idoneità. Due anni di impegno formativo con la prospettiva di poter svolgere nei tre anni successivi il mandato parlamentare, mi sembra un impegno non impossibile. Del resto, non è stato mai dato di sapere o di appurare quali siano le effetive competenze dei politici di professione.
Insomma, anche Socrate pensava che il pilota di una nave non può essere estratto a sorte tra il popolo. Ma governare non è come pilotare una nave. E potrei dispiegare tanti altri argomenti. Ma purtroppo il tempo non è una risorsa rinnovabile. Consiglierei la lettura di un bel libro, con un buon taglio scientifico, scritto da cinque ricercatori dell’Università di Catania. Il titolo è: “Democrazia a sorte – ovvero la sorte della democrazia”. Utilizzando un modello di simulazione ad “agenti”, hanno potuto provare, date certe condizioni non molto dissimili da quelle reali, che un Parlamento, con un quarto di parlamentari estratti a sorte da un campione di elettori, produce con maggiore efficienza le norme più utili al popolo. Mi pare che i parlamentari del M5S possano riguardarsi come parlamentari estratti a sorte tra gli elettori. E dunque, questo potrebbe essere il miglior Parlamento, per efficienza, della storia d’Italia. Ma Grillo forse non lo sa.
Vorrei precisare che il modello di Pluchino et al. non prova niente. L’ho sentito dire più volte (credo mai da loro stessi) e credo che sia un’affermazione decisamente fuorviante. La “simulazione” che usano non ha nulla ha che fare con come funziona il mondo e il processo decisionale dei politici. È come giocare a scacchi e da lì pensare di capire come andrà a finire una battaglia. In che non vuol dire che modellazioni come la loro non possono avere la loro utilità. Potrebbero catturare meccanismi che agiscono anche nel mondo reale, ma se è così questo va mostrato, la modellazione in sé non dimostra assolutamente nulla. Detto questo un’analisi più approfondito del loro lavoro ancora voglio farla, ma sono relativamente scettico.
Sarei cauto anche sull’associazione M5S/sorteggiati. Similitudini ci sono senz’altro, ma gli eletti del movimento rimangono a mio avviso molto lontani (e politici molto migliori) di cittadini estratti a caso. Sono senz’altro persone molto più varie e per ora lontane dalla casta dei politici “vecchi”. Ma sono tutti relativamente interessati alla politica. Nonostante quello che cercano di farci vedere non credo che le loro conoscenze su temi politici siano inferiori di quelli dei politici attuali, quello che manca è carisma e la capacità di apparire competenti, cosa in cui i politici di lungo corso sono esperti.
Le difficoltà di immagine che gli eletti 5 stelle stanno avendo mostrano come semplicemente sostituire i politici con sorteggiati potrebbe essere un problema. Bisogna che il sistema sia adattato perché sorteggiati possano prendere decisioni senza esporsi troppo e potendo far uso efficiente ed independente di esperti esterni.
Quindi forse qualche spunto sull’uso del sorteggio il M5S potrebbe darcelo. Anche se io personalmente eviterei l’equazione M5S = sorteggio = cosa migliore del mondo. Sebbene sono chiaramente ottimista sia sull’applicazione del sorteggio che sul Movimento.
Ho l’impressione che le argomentazioni siano altalenanti e non risulta perciò chiaro se si è favorevoli o contrari alla democrazia stocastica. In queste discussioni sui fondamenti della democrazia, non aiuta adoperare una logica fuzzy. Oltre tutto, considerato lo scarso interesse dei mass-media verso la democrazia stocastica, bisognerà aspettare che i tempi maturino. Chi ha capacità di ragionamento e riesce a comunicare agli altri le proprie idee (vd. Charles Pèguy, La parola piegata), difficilmente potrà accettare di svolgere solo il ruolo di opinion-maker (come ho suggerito a suo tempo a Grillo), rinunziando all’aspirazione di assurgere agli onori del Palazzo. Il diffuso egoismo che fa prevalere l’interesse privato su quello pubblico, è la condizione penalizzante in cui si muove l’idea della democrazia stocastica. Perciò avrà scarsa possibilità di successo e senza alternative Ciò non toglie che se ne possa discettare con un qualche piacere filosofico. Quando qualche anno fa proposi l’idea della democrazia stocastica a un noto costituzionalista, mi rispose che lui non si fidava della statistica. Poi invece gli è venuta l’idea del Senato stocastico. Meglio di niente. Ottimo sarebbe l’istituto del recall. Ma chi lo voterà mai? Manco i grillini lo voterebbero. E allora si potrebbe pensare alla possibilità che il popolo possa rimanere titolare del potere legislativo per approvare direttamente leggi mediante referendum, magari con la maggioranza semplice del numero degli aventi diritto al voto.
Intanto sono incuriosito dal documento ri-fondativo scritto da Fabrizio Barca. Ho iniziato a leggerlo stasera. Solo le prime pagine e già mi pare che ci siano alcuni enunciati di teoremi posti però come corollari che non richiedono dimostrazione. Spero di sbagliarmi e vado avanti nella lettura. Se ne potrebbe parlare prossimamente.
p.s.
A proposito dei modelli, ho letto che i modelli non dimostrano niente. Questa affermazione trascura il fatto che senza modelli di simulazione, numerici o analogici o reali in scala, l’umanità avrebbe fatto poca strada. Si pensi alla sperimentazione strutturale, all’astrofisica, all’economia, alla sociologia, alla pianificazione territoriale, alla chimica, ecc. E’ ovvio che la risposta di un modello immaginato dovrà essere sempre verificata, se possibile, sperimentalmente. E il M5S in Parlamento può essere la verifica attesa del modello ad agenti di Pluchino, a patto che le condizioni al contorno siano assimilabili.
Tu dici che uso “argomentazioni alternanti” io dico che cerco di vedere possibili pregi e difetti dell’uso del sorteggio, cerco di capire per quali motivi potrebbe funzionare bene e per quali potrebbe funzionare male. Solo in questo modo si può cercare di sviluppare una costituzione che faccia uso delle suo proprietà positive minimizzandone alle stesso tempo i rischi. Perché un’idea ci pare attraente non è motivo sufficiente per accettare tutte le possibili argomentazioni a favore e dismettere senza argomentazione qualsiasi contaria. Facendo il contrario sarai sì sempre convinto di avere ragione, ma è controproducente se si vuole capire la realtà oltre ad alienare persone non così partigiane.
Inoltre riconosco che ci sono molte forme in cui si può mettere in atto il sorteggio, ognuno chiaramente avrà effetti potenzialmente diversi, ammetto difficili da prevedere. Il parlamento attuale è stato creato per politici eletti, i sorteggiati hanno capacità e caratteristiche diverse e quindi ha senso secondo me cercare di ristrutturare il sistema politico e le pratiche e metologie di governo se si vuole immaginare un ruole importante di cittadini sorteggiati. Quello che tu chiami “logica fuzzy” forse è solo il mio uso di ragionamento probabilistico, molte cose non posso affermarle con sicurezza. È possibile che ci siano dei gravi errori nelle mie argomentazioni a favore del sorteggio. Quindi dico che ci siano buone probabilità che se appliccato correttamente possa funzionare. Che per me è un motivo sufficiente per approfondire l’argomento. Purtroppo la realtà di rado è bianco e nero (che è una cosa molto diversa che affermare che la verità stia sempre nel mezzo, però bisogna diffidare di semplificazioni eccessive).
Come appunto dici un modello fa validato. E ho qualche dubbio che il M5S possa validare il modello di Pluchino et al. il modello dovrebbe fare delle previsioni non banali. Cosa avrebbero previsto? Che il governo sia meno egoistico e più efficiente? E come lo misuri? E cmq c’è una buona probabilità che questo avviene a prescindere del modello… Io ora faccio un modello secondo cui se c’è un partito che ha un 5 nel nome il parlamento funzionerà meglio. Ora se viene validato il modello loro allo stesso tempo sarà valido anche il mio 🙂 Prendi le leggi della fisica, sono un modello, chiaro. Ma se le usi poi i risultati vengono prontamente confermati. Risulta un modello utile che predice come funzionano parti del mondo. Ci hanno messo un bel po’ ad accettare la relatività come modello più accurato delle leggi Newtoniane.
Come ho detto il sorteggio non risolve e non punta a risolvere i problemi inerenti alla democrazia, ma parte piuttosto dal presupposto che I sistemi attuali attuali siano molto lontane da ciò che idealmente è una democrazia e che ciò sia un male (entrambi le cose se vuoi si possono discutere). E le citazioni di Churchill sono assolutamente condivisibili, potrei aggiungere anche “la democrazia è la forma di governo in che si assicura che I cittadini non siano governati meglio di quanto non meritino”. Però dato il presupposto mi paiono un po’ fuori contesto in questa discussione…
Posso condividere l’opinione che i cittadini abbiamo capacità limitate (in questo caso siamo interessati alla capacità di prendere decisioni buone: approvare o non approvare una certa legge? Poi ovviamente si può discutere su cosa significa una decisione buona, se per esempio è quella di seguire il volere del popolo, il popolo per definizione ha la competenza massima, ma ora meglio non addentrarmi troppo in questi discorsi filosofici…), ma se i cittadini sono incompetenti qual è il meccanismo che permette loro di eleggere persone competenti? Magari esiste una buona risposta a questa domanda, ma io ancora non l’ho trovata, e più mi guardo intorno e più mi convinco che non c’è traccia di questa presupposta capacità. Tu qualche accenno a una risposta la dai quando scrivi “delegano qualcuno sulla base dei risultati che reputano necessari”. Posso dare varie interpretazioni a ciò, ma prima di rispondere forse mi piacerebbe che tu elaborassi questo punto, perché credo che sia un punto fondamentale per capire pregi e diffetti delle elezioni e metodi di scelta alternativi. Cioè in pratica? Puoi farmi degli esempi? In base a cosa I cittadini votano, idealmente? (Ma non troppo idealmente perché deve, se non essere già realizzato, almeno essere realizzabile). Cosa ne pensi dei referendum e del dover rendere conto ai cittadini del proprio operato? Perché referendum e il “recall” di cui parli partono da una visione dei rappresentanti al servizio dei cittadini, non della visione di politici al di sopra dei cittadini che è la visione che invece meglio giustifica le elezioni.
Tu parli come se gli esperti cessassero di esistere. Ti ricordo che leggi e proposte possono continuare ad essere fatte da professionisti, movimenti partiti, ecc. Semplicemente sostituire I parlamentari di oggi con sorteggiati senza altre modifiche difficilmente andrebbe a buon fine. Ma ci sono infinite vie di mezzo, dai sondaggi deliberativi al rendere una delle due camere sorteggiate, al creare degli organi di vigilanza sorteggiati. Per quanto mi riguarda il sistema attuale ha troppi problemi per non dare almeno qualche possibilità alle alternative.
Per quanto riguarda l’immagine del “cittadino medio”, non è così importante cosa fa il sigolo, ma quello che viene fatto a maggioranza, perché solo così una proposta passa. E come spiego qua, un organo sorteggiato si comporta come si comporterebbe tutto il popolo se messo nelle stesse condizioni.
questa in realtà non mi sembra una buona definizione di democrazia. Ma anche volendo, cosa intendi per “idee migliori”, migliori secondo chi? 🙂
Come ho scritto sopra, il mio commento è fuori luogo rispetto al contesto nel quale è stato creato e quindi appare alcune volte ripetitivo o contraddittorio. Mi spiego meglio.
Quello che intendo come scuole di preparazione è questo: https://it.wikipedia.org/wiki/Grande_%C3%A9cole. Insomma, è un bel po’ lontano da prendere dei cittadini diplomati e lasciare che seguano una decina di corsi in 2 anni. Vengono rigorosamente selezionate le persone con i risultati migliori e poi seguiti nel percorso di specializzazione. Un’ottima soluzione dal mio punto di vista, infatti la Francia è la seconda potenza economica e miltare europea.
La mia è una critica al pensare che basti essere un cittadino per governare e l’ho ripresa proprio perché parlavi del “cittadino medio”, che viene citato da Churchill. Churchill addirittura mette in dubbio velatamente che la maggior parte delle persone sia in grado di scegliere. Sicuramente non li reputava adatti a governare.
Partiamo proprio da qui. Quante probabilità ci sarebbero state che una persona come Churchill, che ha salvato la Gran Bretagna dal nazismo venisse eletta in Parlamento o portata al governo? Ben poche credo e avremmo perso alcune delle più grandi personalità esistenti nella storia dell’umanità.
Piccolo excursus sui due organi dello stato. Li distinguo volutamente, per quanto mi riguarda potere legislativo ed esecutivo dovrebbero essere divisi anche nelle persone che li compongono. Ancora una volta, in Francia è implementato un sistema del genere. Questo permette quindi al potere giudiziario di intervenire liberamente su quello esecutivo in caso di indagini o reati, un fattore non da poco.
Spiegherò molto semplicemente cosa intendo quando sottolineo la differenza tra scegliere sulla base di un’ideologia o di un opinione e mettere in atto quella scelta. Quando ho bisogno di usare il computer per scrivere un testo, lo accendo e comincio a scrivere. Come arrivo a quel risultato (comunicazione tra hardware e software, trasmissione del segnale video allo schermo e riproduzione dell’immagine, alimentazione tramite energia elettrica e molto altro) io non lo so bene.
Questo non è molto diverso dal nostro rapporto con il sistema politico. So che esiste un sistema complesso e so cosa voglio da questo sistema complesso, sulla base di idee che ho maturato nel corso del tempo. Non ho idea di come si scriva la legge sul reddito di cittadinanza o la riforma del sistema delle soprintendenze, so però che sono riforme che reputo giuste e necessarie.
Sono quindi una persona incompetente, perché non conosce come si sviluppa l’iter legislativo o l’impatto economico necessario per poterle attuare. Non so con certezza che sia giusto come penso che andrebba attuata. So però giudicare una persona dal suo curriculum e dalla sua storia personale. Se la giudico una persona moralmente onesta perché non ha agito approfittando della propria posizione di potere e che conosce quegli argomenti, le do la mia fiducia. Quindi sono una persona incompetente che ne elegge una competente per attuare quelle riforme. Sarei davvero molto arrabbiato che un supercomputer o un’urna si sostituisse alla mia decisione. Io non eleggo una persona per alzare una mano o schiacciare un bottone e deve avere la mia fiducia. Se non ce l’ha, non la voto e non voglio che vada in Parlamento a decidere nel mio nome.
Siccome però non ho conoscenza autoptica di questa persona in ogni giorno della sua vita, posso sbagliarmi. Proprio a questo serve il meccanismo di “recalling”. Quando la maggioranza di un territorio reputa che questa persona stia agendo diversamente da quanto aveva detto in campagna elettorale, allora viene destituito dal suo ruolo. Mi sembra un ottimo correttivo, forse il migliore contro i cambiamenti di gruppo parlamentare, tutelando la mancanza di vincolo di mandato.
Il politico deve essere al servizio del cittadino perché agisce in sua vece. Riceve un mandato di attuare un progetto o un’idea, ma è lui che ha le conoscenze di come concretizzarlo. Quando ciò non avviene, allora i referendum e il “recalling” permettono di richiamare alla volontà popolare. Per questo non sono permessi i referendum confermativi nella nostra costituzione, sono solo mezzi di dissuasione dal non rispettare ciò che si è detto. In democrazie mature questi vengono usati correttamente, come quelle scandinave, e i risultati si vedono.
Le vie di mezzo sono forme di controllo precostituite sulla base di modelli ipotetici, che esulano dalla volontà popolare. Non si può dire in maniera pregiudiziale chi può essere più utile o meno in un parlamento. L’unico giudizio valido è di chi viene rappresentato e i limiti devono essere i più ridotti possibili. Inoltre, sociologia, politica, statistica ed economia non hanno modelli dimostrabili scientificamente perché non possono usare un campione di controllo o ripetere l’esperimento all’infinito. Si può avere una ragionevole certezza, nulla di più. C’è chi ha provato a controllare in questa maniera l’economia e i risultati sono stati davvero deludenti. Siccome non è una semplice equazione matematica con un risultato unico, bisogna operare una scelta. Questa scelta deve essere effettuata dalle uniche persone che possono decidere se si è agito bene o meno, dato che si vuole agire nel loro nome: gli elettori. L’essenza della democrazia è l’espressione di una volontà. Senza ciò, non c’è controllo o potere del popolo.
I partiti politici nascono appunto come metodo di selezione delle classi dirigenti. Un filtro che dovrebbe autoregolarsi perché dovrebbero essere loro stessi frutto delle persone che votano. Le idee alla loro base sono l’essenza della democrazia. Su queste idee bisogna cercare di unire il più possibile il maggior numero di persone, per cercare di arrivare ad un ideale di bene comune inclusivo. Esiste il bene comune assoluto? No, esistono diverse opinioni di come raggiungerlo e bisogna dimostrare che una media statistica del popolo, anche ponderata, rappresenti l’idea che ha la maggioranza in un paese o la migliore possibile. È tutt’altro che scontato.
Quando il partito politico esula da alcune regole che non permettono di arrivare ad un obbiettivo condiviso perché ne vengono infrante alcune largamente condivise, allora bisogna legiferare per evitarlo. Veramente pochi sono d’accordo che un politico usi lo stato a scopo personale. Allora deve essere evitato e bisogna inserire regole che non lo permettano. Queste sono le uniche limitazioni a priori consentite.
Spero di essermi spiegato un po’ meglio.
Tutti i commenti sopra sono molto interessanti e carichi di spunti, sarà difficile coprire tutti gli argomenti, ma proverò a dare una mia opinione su tutto.
Il punto della competenza dei rappresentanti, in una democrazia rappresentativa come quella che stiamo considerando, secondo me é strettamente legato a tanti fattori, ma sicuramente alcuni dei più importanti sono l’Informazione/Formazione e la Politica/Amministrazione.
Vorrei che sia ben chiaro che il sorteggio non è alternativo alla democrazia e probabilmente neanche alle elezioni. Si tratta di uno strumento (democratico come il voto) che nel passato ha permesso a società anche complesse di prosperare per molti anni e come già detto in molti articoli su questo blog, in nessuno di questi casi il sorteggio era usato in modo esclusivo/alternativo al voto ed inoltre le modalità d’uso del sorteggio furono differenti da caso a caso.
Formazione. Questo punto è molto delicato, virtualmente chi controlla l’informazione controlla il processo democratico, quindi “formare” i neoestratti è un compito molto difficile; chi li formerà? Su quali materie? Potranno esserci informazioni oggettive ed univoche? Faccio un esempio: per le politiche ambientali c’è chi sostiene che l’energia nucleare è al pari delle rinnovabili una soluzione per l’approvvigionamento energetico del futuro; cosa verrà spiegato agli estratti? In che modo? Pur considerando la buona fede degli “insegnanti” non credo che sia possibile formare un bagaglio culturale ad ampio spettro e privo di condizionamenti in poco tempo. Ha invece senso come dice Fela, cercare di fornire ai sorteggiati una formazione che li educhi a sfruttare al massimo le loro capacità, dando loro i mezzi per potersi informare meglio su ogni tema in autonomia . Io credo che la formazione, sia un processo lungo che richiede tempo e non debba essere condizionata da fattori esterni, per questo l’unico modo è agire a monte, sull’educazione dei cittadini prima che vengano estratti. Questo presuppone un investimento sulla scuola per alzare il livello culturale di tutta la nazione e un informazione assolutamente indipendente dal potere, un’operazione che richiede tempo.
Volontarietà. Questo è un altro punto delicato, che mi vede però dissentire rispetto a voi. Personalmente trovo che l’impegno civico di partecipazione al governo della società in cui si vive sia una cosa importante. Impegno, può essere obbligatorio o libero, ma perché sia libero occorre che a spingere le persone ad accettare l’incarico ci sia un senso civico che purtroppo si è perso. Quando penso alla società, penso sempre all’equilibrio tra diritti e doveri, che se si vuol vivere nella società occorre fare qualcosa per mantenerla e sia dovere di tutti farlo. Anche in questo caso occorre tempo affinché la “partecipazione” sia vista come “dovere” oltre che come “diritto”, si tratta di un cambio culturale, lento. Se si pensa di usare il sorteggio per l’estrazione dei rappresentanti di una popolazione però, trovo che sia necessario che ci sia il 100% di condivisione da parte dei cittadini (un po’ come oggi tutti accettano le elezioni) ed affinché si possano sfruttare appieno alcune buone caratteristiche del sorteggio occorre che chi viene estratto non rinunci.
Amministrazione e Politica. Parto da un commento di Paonessa sulla separazione tra potere esecutivo e legislativo che mi trova pienamente d’accordo, ossia la separazione tra potere esecutivo e legislativo. Io penso che la politica di oggi sia fatta di persone più che di idee, le ideologie poi, trovo che siano delle semplificazioni grossolane del pensiero legate ad un sistema vecchio. Trovo che sia giunto il momento di superare questo sistema e dare più importanza alle idee piuttosto che alle persone. Penso che concorderete con me che il parlamento dovrebbe essere formato dai portavoce delle idee del popolo (userei il sorteggio), il governo da persone tecnicamente competenti (userei il voto) e la politica debba essere esclusa dal potere (fuori dal palazzo non dentro).
PS. Per ciò che riguarda i modelli, visto che le citazioni piacciono ne ho una che metterà d’accordo sia Palma che Fela e che secondo me definisce benissimo che cos’è un modello.
Essentially, all models are wrong but some are useful.
George E.P.Box
PS. Vista la vitalità dei commenti mi piacerebbe che la discussione fosse più visibile, valuteremo se sia il caso di risaltarla su un articolo, se non avete nulla in contrario.
THO86LMB ha scritto:
“Penso che concorderete con me che il parlamento dovrebbe essere formato dai portavoce delle idee del popolo (userei il sorteggio), il governo da persone tecnicamente competenti (userei il voto) e la politica debba essere esclusa dal potere (fuori dal palazzo non dentro)”.
Sarebbe un saggio ritorno alla democrazia ateniese. Non c’è da inventarsi nulla, fatta ovviamente salva la separazione tra potere legislativo ed esecutivo. Infine, mi piacerebbe che l’efficienza dei membri dell’ordine giudiziario fosse annualmente valutata pubblicamente, ma senza poteri sanzionatori, da consigli di cittadini estratti a sorte in ogni sede di Corte d’Appello.