In questo articolo cerco di fare qualche osservazione sulla statistica che sta dietro al funzionamento della demarchia. Una apparente debolezza di un organo demarchico è rappresentato dalla casualità con cui sono scelti i suoi componenti, e quindi l’impossibilità di assicurare con certezza un risultato democratico. Cercherò di mostrare come questo non dovrebbe preoccupare, e come la demarchia assicuri in ogni caso una molto maggiore probabilità di rappresentare in modo accurato i cittadini di quanto non facciano le attuali democrazie elettive.
Possiamo supporre di volerci avvicinare il più possibile ad una rappresentanza ideale nella quale ogni possibile opinione in cui crede una maggioranza nei cittadini sia anche l’opinione della maggioranza dei rappresentanti, nel momento in cui essi vengono sorteggiati. Si potrebbe obiettare che esistono situazione migliori di quella che ho descritto come ideale, per esempio da alcuni potrebbe essere considerata auspicabile una situazione dove sono sovrarappresentate le opinioni di persone più intelligenti (qualsiasi significato si dia al concetto d’intelligenza) o più altruiste o che rispondano a qualche altro criterio. Credo che la mia definizione di rappresentanza ideale offra un buon punto di partenza che ha il vantaggio di essere semplice e democratico.
La legge dei grandi numeri ci dice che più grande è il numero di sorteggiati più alta sarà la probabilità di avvicinarsi a questa situazione ideale, senza poterla mai raggiungere con certezza. Per motivi pratici dovremo limitare il numero massimo di sorteggiati. Quello che ci interessa fare è quindi quantificare quanto in situazioni realistiche ci allontaneremo dalla rappresentanza ideale e quanto ci si avvicinano le moderne democrazie elettive.
Parto da un’esempio numerico per rassicurare sull’impossibilità delle situazioni più estreme. Supponiamo di estrarre 50 elettori italiani a sorte, quale è la probabilità di selezionare solo persone che hanno votato la Lega alle ultime elezioni politiche? La risposta è meno di uno su 100 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000, se invece che 50 estraessimo 51 rappresentanti lo stesso evento sarebbe un ulteriore 10 volte meno probabile. Probabilità così piccole dovrebbero tranquilizzare chiunque, se qualcuno ancora non è convinto basta pensare al fatto che senz’altro è molto più probabile che gli esseri umani si estinguano nel giro di un anno. Ora chiaramente il problema non si ha solo se vengono sorteggiati soltanto leghisti, ma per esempio anche se i leghisti, che rappresentano intorno al 10% dei cittadini, formano una maggioranza tra i sorteggiati e lo stesso ragionamento vale anche per tutti gli altri partiti e qualsiasi altra opinione di una ristretta minoranza. Per cui cercheremo di riformulare il problema in modo da poter trarre conclusioni più generali sull’effettiva bontà del sistema.
Inanzitutto va notato che nel caso in cui il numero di favorevoli e di contrari è quasi pari è facile che la demarchia dia risultati diversi da quelli che darebbe una rappresentanza ideale. Questo non è antidemocratico quanto potrebbe sembrare, perché comunque le due fazioni sono quasi numerosi uguali e perché è inevitabile che in un sistema complesso ci sia una componente casuale che non si può controllare, ciò è vero anche per il sistema democratico attuale. Per esempio c’è la probabilità non nulla di subire un colpo di stato (in tutti e due i sistemi a dire il vero), di avere tv e altri media che influenziano in misura maggiore o minore il voto, crisi e catastrofi naturali che possono aiutare a dare ai governatori uscenti un’immagine di incapaci o di eroi. Inoltre i sistemi elettorali in quasi tutte le democrazie elettive sono non proporzionali e quindi modificano la rappresentanza in modo abbastanza arbitrario a seconda di fattori come la distribuzione dei collegi elettorali e di come i partiti e i deputati decidono di allearsi. Tanto che nel 1951 nel Regno Unito i Conservatori si assicurano una maggioranza in parlamento nonostante aver ottenuto meno voti dei Laburisti. Potrebbero anche esserci buone ragioni per queste variazioni, come creare governi più stabili, o più intraprendenti, ma va osservato che in ogni caso una componente arbitraria è inevitabile. Un grosso vantaggio della demarchia è che essa si discosta dal modello ideale in modo assolutamente casuale senza che nessuno possa sfruttare questo fatto per i propri scopi. Le elezioni invece si discostano da una rappresentazione precisa del volere dei cittadini per colpa di fattori che possono essere influenzati in varia misura dall’esterno (per esempio dai media, dalle lobby o dalla classe politica in carica).
Un’altro vantaggio della demarchia è poter quantificare con precisione quanto ci si discosta dai risultati ideali, e si possono facilmente aumentare i numeri di rappresentanti per ottenere risultati accettabili. La seguente tabella descrive quanto è probabile che un organo demarchico approvi una singola misura che nel caso ideale avrebbe una minoranza del 48%, del 45%, del 40% o del 30%, rispettivamente
probabilità che una misura passi
se in un caso ideale avrebbe il:
|
48% dei voti | 45% dei voti | 40% dei voti |
30% dei voti |
con 100 sorteggiati |
30,8% | 13,5% | 1,7% | 0,001% |
con 1000 sorteggiati |
9,7% | 0.06% | 0,0000 00007% | 0,00000000000000000 00000000000000003% |
Si potrebbe anche richiedere un maggiore consenso, nella forma di una maggioranza maggiore del 50%, in modo da rendere meno probabile l’approvazione di misure di minoranza. Bisogna considerare anche che questo potrebbe, se si esagera, rendere più inefficiente l’organo demarchico; un diffetto simile si potrebbe avere con un numero troppo alto di sorteggiati.
Fin’ora ho ignorato gli astenuti, ma nel caso in cui questi sono pochi le osservazioni fatte non cambiano molto, mentre nel caso in cui il loro numero è rilevante (con numeri dell’ordine del 50%) si può supporre che la maggioranza delle persone è soddisfatta di qualsiasi soluzione.
In questa discussione ho sempre considerato gli eletti come individui che portano le idee e le opinioni dei cittadini in parlamento, e si fanno loro portavoce, una discussione aggiuntiva andrà fatta per affrontare la visione secondo la quale i parlamentari non sono rappresentanti ma esperti scelti dai cittadini per le loro capacità e non (solo) per le loro idee.